EFESTOVAL

IL SOTTOSUOLO

Il tema di questa edizione

L’incudine che apre squarci. La semina germinale che prorompe dal sotto. La spinta propulsiva e lineare della semplicità di segni, contenuti e simboli. Onde di rivolta magmatica. I rivoli di abitudini. Elementi che si fondono in un sol crogiuolo. La lava della memoria nel suo morire che dal mare prende forma e devastante fertile desolazione. Il corroso che anima il post moderno. La contro-superficie di ciò che appare. Lo s-compare della partecipazione di massa a favore della partecipazione prossima. Lo squasso chimico e biologico della sotto-cultura degli elementi di superfice.

Mano di zappa e zolla. Idea di falce e passo. Calli agli occhi che ciechi brillano di terra. Bradisimi dell’umanità mai ferma nell’apparire, pietrificata nel grigio di pozzolana che di malta mette anello al dito della noia. La caverna sitibonda e ‘di-vigna’ di luce sorgente. Il purgatorio matriarcale tramandato di madre in figlia. Il sovraccarico che sprofonda l’attenzione negli antri bui dell’inane assuefazione dell’anima al grigio. La polveriera di sale inesplosa delle coscienze. Il gelo dell’umidità della creazione all’incudine del calamaio.

Una zampa che avanza.

Tra prete e pretecagna.

Incudine di speranza.

Salsedine che stagna.

Cuneo che divarica.

Vigile d’incudine il maglio.

Se stenne sta vela re sciaveca:

schiumma de funno e rezzaglio.

Efesto nun tene martiello.

Ma è vivo, cu ’i cugne, te scioglie

i colpi ca allave scartiello.

Ma maje te risponne. T’accoglie.

Risposta velata ghiè ll’eco

ca sona e trapassa la terra.

La soma testarda del cieco

ca vere addo’ ceca … e s’afferra.

Ma noi siamo qui. Noi siamo questa terra.

E saremo qui… pure pe’ sotteterra.

EFESTOVAL riparte dalle macerie sovrapposte di un sottosuolo per anni fermo, ma pur sempre fertile. Sceglie l’isolamento, ma contro la reiterata miopia della politica culturale regionale, partendo dai suoi confini isolati per davvero e non superficiali, ma sotterranei e lì crea trincea. Sceglie l’isolamento per autodifendersi nel creare comunità. Sceglie la comunità contro la globalità di slogan. Sceglie la prossimità riconoscibile dei pochi, contro le migliaia brutali invasioni dei molti. Sceglie i volti nei loro sembianti non la massa di telefonini astanti. Sceglie la terra e la difende invano. Pecché ’u paese è sempre r’ ’u paisano.

Senza mai farsi imporre idee, clientele, concetti e slogan appiccicati dai parassiti di stato, che per giustificare speculazioni milionarie individuano la polveriera di turno, pietra su pietra di verbo e verso. A costoro noi rispondiamo e ‘pugnamo’ e ‘agon-izzeremo’ sempre: sempre contro chi utilizza le nostre terre come un salvadanaio stagionale; così come accadeva da anni nella spicciola economia del mordi e fuggi balneare, così accade ora, anche nella rovinosa e apocalittica betoniera radical-culturale.

Ma noi siamo qui. Vigili.

Vigili in intenti ed azioni.

Piccole e personali. Mitili.

’Mpise a scuoglie di deiezioni

che industriali in fede filtriamo,

maledicendo, spurgando chi siamo.

Poiché anche quest’anno rimettiamo e riversiamo il sangue delle nostre conoscenze e competenze, per difenderci da un attacco. La forza sotterranea è stupida, poiché non riflette.  Emerge e agisce per azione e reazione. Esplode per compressione e provocazione. Ma mai implode di certezze e creazione. Questa forza è stata intubata d’incertezze, unicamente dalle maschere in stoffa di anni di pandemia, dove anche il respiro mancava di espressione. Ma soprattutto siamo tornati a respirare, grazie alla passione e la fiducia di realtà private che con grande ostinazione hanno rifocillato i nostri entusiasmi. Queste realtà hanno dato vita e convinto a ripartire, finanziando e sponsorizzando economicamente l’intera manifestazione, senza uno stralcio di fondo pubblico.

Nella mia vita vorrei lasciare qualcosa a questo territorio, a differenza di manifestazioni che invadono, arricchiscono politici e professionisti fuori luogo, in un luogo dove nel prossimo poi, non rimane nulla. Un Teatro Stabile Flegreo.

Fortificare il sottosuolo delle fondamenta, per ricominciare e ripartire con più forza e azione.

Ma noi siamo qui. Noi siamo questa terra.

E saremo qui… pure pe’ sotteterra.